Mamma, ridimmi ancor quegli anni,
allor che fanciulletta a te venivo
e nel tuo grembo quieta m’assopivo
poi che in te riponevo i primi affanni.
Ridimmi ancora quei colloqui ameni
quei risi d’augelletto, quegli affetti,
quei tuoi narrar di fate e di folletti
che mi rapiano, sù, fra sogni leni.
Perché non penso più, mamma, alle fate?
Perchè non giocan più gli elfi sul prato ?
Rimangon di quel mondo sì incantato
due immagini di fata, spiegazzate.