Coabitare

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Anche tu la tieni in gabbia? Non si può che legarla o costringerla a forza perché non
conosce misure.
Mi guarda con due occhietti piccoli e nascosti sotto i rotoli di grasso, arricciati a
balze intorno alla bocca. Si muove a fatica, tutta ripiegata a scalini circolari ondulati sul
petto, sulla pancia e giù fino al basso ventre. Una massa di carne bianca e scivolosa
abbandonata sul pavimento. Quando mi vede gira appena la testa, spinge in fuori il labbro
superiore, sputa un verso sotterraneo di richiamo e con un respiro profondo fino allo
stomaco pare chiedermi «è pronto?».
«Aspetta un momento» le rispondo. Ma gli odori sembrano infilarsi tutti quanti
dentro la sua bocca e inondare in un lago di saliva anche le tonsille e il velo pendulo.
«Ancora un momento» le ripeto. Non sa aspettare, salta, pesta i piedi, sbava e
disperatamente lecca anche gli sputi incollati alle pareti e piange, piange proprio come un
vitello.
«Se non stai zitta, ti cucio quella bocca» le grido dalla cucina, ma niente, non sa
tacere. Credi che col tempo si potrà addomesticare?

lo la tengo chiusa a chiave nella stanza più alta della casa, sai per via dei rumori. Ha
sempre una certa difficoltà ad assimilare il cibo e quando finalmente si libera, quando
digerisce trema anche la porta del frigorifero. Questa notte mi ha svegliato due volte, due
eruzioni da cratere centrale, da tirar su anche il letto.

So che anche tu hai una bestia di bocca dura . . . come va la vita?
Ha la bocca cieca del rinoceronte, è sempre bagnata e ricoperta di pelle, lucida e
trasparente, è una grossa tromba, una betoniera, una macchina che spolpa e rosicchia e
con uno SCIUP definitivo ingurgita l’intero commestibile e tutto scivola giù come
risucchiato da una ventosa interna. E’ una ladra, una canaglia, afferra il bottino e lo
incamera alla rinfusa, zeppo in quella tasca sfonda, poi mostra i denti e con il sorriso
impunito della iena spalanca la bocca. Una padella aperta fino all’ugola con i bordi di
carne sporgenti e molli, un paiolo di trippa coi fagioli.
Ha la lingua lunga e furbesca di Menelic e divorato il pasto la sbatte sul palato come
fosse una ciabatta, la piega all’indietro, ripassa il muso da uno zigomo all’altro, fin dentro
le narici e con un succhione verticale completa la pulizia.
Un bacio profondo, alla francese, con capriola finale.

«Date da mangiare agli affamati» . . . dicono, ma dove finisce la fame? Ah, se potesse
parlare direbbe che proprio là dove finisce la fame comincia il banchetto e superata la
condizione penosa della beneficienza, della carità, si apre la porta dell’abbondanza e
subito diventa una gozzoviglia, una scorpacciata, una vera strippata.
La guardo e penso all’umanità, ai principi, alla morale, ai valori, sì . . . ai valori della
carne. lo penso e lei beve, anzi succhia, si attacca alla bottiglia, ingolla tutto il vino con
sorsate lunghe da rischiare ogni volta l’annegamento, poi in avanti a linguate recupera
anche i rivoli rossi agli angoli della bocca. Un altro trinco e un’altra risata da spaccarsi i
denti. Non riesce a fermarsi dal ridere e non si regge in piedi tanto è ubriaca, singhiozza e
sghignazza, è una felicità vederla.
Una felicità . . . forse è quella la felicità . . .
una salsiccia in bocca e la schiuma della birra in testa.

Tu che ne pensi? Quando mi sono accorto di avere un tale animale in casa ho
pensato “la vecchiaia arriva per tutti”, ma per ora non vedo segni di inappetenza, in
nessun reparto.
Che ne sarà di me?
La natura? Sì, è una forza della natura, questa è la natura, una pazzia! Non i fiori, le
farfalle, i boschi . . . le sottomascelle di un leonessa.
Una volta al mese sacrifico per lei il montone più giovane. Preparo le interiora crude,
ben condite con prezzemolo e aglio e i testicoli a parte passati al limone, ne va ghiotta.
Bisogna vedere come gusta quel sapore amaro di maschio adulto.

«Mangia adagio» le dico «trattieniti un po’» poi alzo gli occhi e la guardo: ha i denti
bianchi di un castoro e le gengive viola di un cane mastino, ma le labbra, quelle sono
rosee, di corallo, tese e morbide come quelle di un innocente.
Si caccia tutto in gola e inghiotte. Morde con il gusto di affondare i denti nella carne
e sembra dirmi «goditela tutta e subito!»
lo chiudo in fretta la porta e me ne vado. D’altra parte come fare, dove metterla, è pur
sempre di famiglia!

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