Effetto Candeggina

Copyright: Image by Racool_studio on Freepik - Autrice Racconto: Lucia Cova

Ieri mattina ho invaso il soggiorno con tutto l’armamentario per le pulizie generali.

Enrico, mio marito, che stava uscendo per un impegno inventato negli ultimi cinque minuti, mi ha strizzato l’occhio dicendo: «Lampante esempio di cronicizzazione dei sintomi premestruali.»

Io di rimando: «Reazione di fuga presente da quarant’anni.»

Tre ore più tardi, quando il trip igienico si stava esaurendo, mentre spolveravo alcune fotografie, mi sono soffermata sulla foto che ritraeva mia suocera intenta a manovrare una marionetta con la quale dava da mangiare a uno scoiattolo.

«Non credi che esprima tutta la dolcezza che mamma aveva dentro?», mi diceva Enrico ogni volta che la guardava. «Hu, hu», rispondevo per non dirgli… altro. Quella vecchina, rattrappita e apparentemente mansueta, non era la mia vera suocera.

Quella marionetta le era stata messa in mano, senza che se ne avvedesse, dal gestore del luna park che trovava stupefacente la sua somiglianza con il fantoccio del numero “Scoiattolo obbediente”. Così mi aveva raccontato la badante.

L’età, le avvisaglie dell’Alzheimer e la parziale comprensione dell’italiano dell’accompagnatrice avevano permesso quello scatto fotografico. Solo qualche mese prima mia suocera avrebbe reagito a quella farsa con un diniego categorico: «Pura idiozia!». Probabilmente avrebbe pure invitato lo sco-iattolo a sfamarsi autonomamente.

Lei pianificava e comandava. Sempre e chiunque. Usava i toni pacati di chi si sente, per imposizione divina, nel giusto e dà per scontato che il creato la assecondi.

A scatenare la mia rabbia era lo stupore farlocco che manifestava quando cassavamo i suoi suggerimenti.

Enrico liquidava l’argomento con un superficiale: «Ma su, mamma…» Io avrei voluto dipanare le questioni ma i miei tentativi venivano affossati da un angelico: «Ma certo fate voi ma…». E mi lanciava uno sguardo di sfida sapendo che l’avrebbe avuta vinta. Tra noi c’era lo stesso calore che fuoriesce dallo scomparto dei surgelati.

Mentre episodi penosi della nostra quotidianità – lei viveva nell’appartamento a fianco al nostro – mi scorrevano davanti, ho tolto la foto dalla cornice. Quando mi sono accorta che avevo una voglia immensa di farla a pezzi, ho aperto le mani di scatto. L’immagine è naufragata nel secchio di acqua e candeggina.

L’ho guardata gonfiarsi e scendere verso il fondo. Senza dar peso alle possibili conseguenze idrauliche ho buttavo il tutto nel water e ho tirato lo sciacquone.

Un malaugurato incidente.

Da ieri a mezzogiorno, io e mio marito, ci siamo scambiati due grugniti; uno per la buonanotte e uno per il buongiorno.

Da venti minuti staziono in bagno con il cellulare in mano fissando una copia di quella maledetta fotografia.

Il giorno del mio ultimo compleanno, presa dal timore di perdere con l’età pezzi di memoria, avevo fotografato tutti i quadri ricordo di casa. E adesso il mio indice passa dal contatto del mio consorte alla schermata della foto, indecisa tra “Invia” e “Elimina”.

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