La Dottoressa

Copyright: Image by Drazen Zigic on Freepik - Autore Racconto: Luca Girolimetto

Si affacciò alla finestra e il pungente odore di autunno le inondò i sensi. Sospirò. Oggi sarebbe tornata a parlare con la dottoressa. Aveva rimandato a lungo quel momento ma non poteva farlo per sempre. Non voleva. Si bardò con le solite cose: il cappotto di topo – come lo chiamava la nipotina, un foulard dai colori dimessi e una sciarpa rossa e blu giusto per arginare il buon gusto. Raccolse Marion che adagiò sull’incavo del braccio, inforcò il bastone e uscì.

I giardini erano poco affollati e in lontananza intravide la panchina delle sedute. Libera come al solito. In effetti era poco appetibile viste le condizioni in cui versava, ma piaceva a entrambe; in fondo, anche loro due vantavano qualche ammaccatura di troppo. Per raggiungerla oltrepassò una panchina meglio in arnese. Era occupata da una donna sulla trentina, grassa abbastanza da rischiare un infarto. Indossava degli occhiali scuri che non riuscivano a coprire del tutto il viola tumido di un livido. Stava mangiando insalata da un piccolo contenitore in vetro. Se fossi un panda almeno potresti farti proteggere dal WWF, pensò con una punta di rimorso per quell’osservazione poco carina.

Arrivò alla sua panchina e vi si accomodò delicatamen-te per non farla lamentare troppo. Afferrò la croce in legno e fece smontare Marion dal proprio braccio. La fece sgranchire un po’, poi la mise seduta su una gamba.

«Buongiorno dottoressa».

«Bentornata cara, a cosa devo il piacere?» disse dando voce a Marion che si mosse eccitata.

«Devo farle una domanda». Marion rimase in silenzio.

Si agitò giusto un poco sulle sue ginocchia.

«Perché ho paura di morire?»

Gli arti della marionetta le sfregarono le calze spesse da vecchia. Poi alzò lo sguardo verso di lei. «Ti ricordi quando ci siamo conosciute?»

La soffitta polverosa le soffiò nel cuore vecchi ricordi parcheggiati. Si portò una mano alla bocca per coprire un singhiozzo.

«Allora avevi paura di vivere» disse Marion con la voce della dottoressa.

Si guardò i polsi: le cicatrici erano ancora lì, immacolate. Le macchie che le piagavano la pelle raggrinzita le evitavano con cura.

«Mi sembra un bel passo avanti» sottolineò Marion. Tossì, si frugò nel cappotto e ne cavò un pacchetto di Gauloises da cui estrasse una sigaretta spiegazzata. Se la portò alla bocca, la accese, sbuffò del fumo e disse: «Sa, pensavo che forse è venuto il momento di salutarci».

Uno scoiattolo squittì arrampicandosi sulla panchina. Aspirò un’altra boccata e soffiò sul muso dell’animaletto che si dileguò risentito. Rise facendosi andare di traverso un po’ di fumo.

«Era da un po’ che mi chiedevo quando avresti accettato di essere guarita. E poi, mi farebbe davvero comodo andarmene in pensione. Credo di essermela meritata».

«Uh. Non ce la vedo proprio in pensione, dottoressa». «Davvero? Hai qualche idea migliore?» disse Marion dimenandosi spiazzata.

«Non lo so… pensavo… Le piacciono i panda?»

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