E’ sempre stata un tipo strano, mia madre. Sarà stata l’indole o il lavoro di maestra, ma è sempre rimasta un po’ bambina. Certo, è anche una con la testa sulle spalle ma, pure adesso che ha passato gli ottanta, è sempre in movimento e ancora sbarra gli occhi per mille occasioni di stupore. Così come faceva a casa e in classe, di fronte a ogni piccola cosa a cui subito dava anima; per il passerotto volato sul davanzale esclamava: «Oh! Ecco chi ci è venuto a trovare!» E tutti a seguirla nel suo mondo immaginario. Non io, che, invece, fin dalla più tenera età, a ogni suo eccesso di sorpresa morivo di imbarazzo.
Sarà che avrò preso da mio padre. O almeno così mi piace pensare, visto che non so chi sia. Sono convinto che sia scappato quando lei gli avrà dato l’annuncio dicendo: «Oh, che miracolo, sono incinta!» – La Oh lei ce la mette sempre: Oh, che buona minestra stasera! Oh, vogliamo svegliarci in questo bel mattino? Oh, come sei carino! – Al che, il neo padre avrà immediatamente lasciato la carica commentando: «Ah be’, fatti tuoi!». Così sono cresciuto solo con lei, madre single attempata e rompicoglioni. E, non bastasse, ci sono poi finito in classe, nell’opprimente ruolo di “figlio della maestra”.
La donna, emotivamente ingombrante, ha dipinto intorno a me un mondo rosa che io però non ho visto, stazionandomi su più rassicuranti sfumature di grigio. Non l’ho mai vista cedere al malumore nonostante diverse prove che la vita le ha presentato: tre traslochi, un tumore, due ernie e una recente frattura al femore. Soprattutto, ha sopportato il mio brutto carattere.
E ora eccola lì, come ogni mezzogiorno, con la marionetta che ha inventato per dar da mangiare agli scoiattoli.
Non riuscendo più a piegarsi, ha costruito questo personaggio, che muove e fa parlare.
I bambini la adorano, i grandi la applaudono e la fotografano. Io faccio finta di non conoscerla.
Per andare a casa dal posto di lavoro potrei attraversare il parco, ma di solito faccio un giro più lungo per non incontrarla. Oggi però nevica e pensavo che non ci sarebbe stata. E invece eccola lì!
Mi vede, mi chiama: «Oh, tesoro!» e la marionetta muove la mano in un saluto. Io alzo la testa dal bavero e sbuffo.
Vedo che il pupazzetto le cade e lei cerca di piegarsi per raccoglierlo, pare proprio non farcela ma insiste nel forzare quelle vecchie ossa. Un bambino si avvicina, l’aiuta, lei gli fa una carezza.
Io resto fermo su quel gesto. Un fermo immagine con dentro un’emozione che subito non mi è chiara. Poi capisco: provo invidia. Perché quella donna così fragile è capace di giocarsi la vita fino in fondo, mentre io da sempre resto ai margini, in difesa.
Mi avvicino, sul viso una smorfia che tenta di farsi sorriso. Lei si illumina. Per la prima volta le dico: «Sei proprio brava, mamma.»
E lei non fa Oh, né dice nulla, non sbarra gli occhi. Li chiude e ne scende una lacrima.