– E con il profumo, come fa con il profumo dei fiori, in Primavera? –
– La Primavera è il tempo peggiore dell’anno, non so mai come finirà la mia giornata perché il profumo dei fiori per me è un richiamo irresistibile.-
– Un richiamo, eh! –
– Sì, dottore, dico richiamo, ma potrei dire che i fiori sono un’esaltazione, una passione, una grandiosità; perché quando io sento quel profumo, quello delle rose per esempio, io penso a lei, a Rosa, a Margherita, a Viola, ma anche a Maria e mi prende un desiderio …non so come fare. . . . io abbraccerei tutte le donne che incontro. Lei capisce?…-
– Ma le è già successo? –
– Eh sì, perché quando il vaso è colmo…! Vede io esco sempre col paranaso, questo, questo che ho su, ma non basta, il profumo è troppo carico, io non resisto! –
– Dunque vediamo, lei sente particolarmente il profumo delle rose, se ho capito bene. –
– Sì, delle rose, lei pensi a quando io passo in Via dei Giardini a Maggio, perché di lì devo passare per andare al lavoro ed è tutta una fioritura, si esibiscono spavalde con quei petali carnosi e tutte aperte, in fila, Cornelia, Felicia, Eva, Vanity e di lato sulla staccionata le rampicanti Albertine, Gerbe Rose e le più rare Sarabande e Belinda. Io cammino sull’altro marciapiede, a passi spediti e con il fazzoletto sul paranaso, ma quel profumo! E’ un’esagerazione!
In Estate poi, quando fioriscono i tigli della mia strada, non so dove nascondermi, e a Giugno con i lillà di mia madre e a Settembre, ecco quando svolto per Via delle Camelie di già sento i gelsomini di villa Flora e ho un bel girare intorno, ma lei li ha mai sentiti i gelsomini quando sono in fiore? Un agguato insidioso lungo la via del cuore, una minaccia, e se anche io respiro appena, il profumo entra, mi dilata tutti i canali interni, mi gonfia le narici e. . . le caviglie. Ancora un respiro e sono pieno zeppo. Ecco, il gioco è fatto, perché mentre quella fragranza mi inebria con la grazia di una voce canterina, porta con sé la potenza della ninfa dolce dell’albero fiorito. Un pesco. Così mi inganna e con l’ultimo soffio di vento mostra il corpo nudo sotto la veste. Un pesco in fiore. E come il profumo scende nei miei polmoni, così sale forte il mio desiderio …lei può capire dottore se le dico che tutte le donne che incontro hanno quel profumo . . . . –
– Già, già, capisco bene, ma potrebbe farmi vedere il suo naso? –
Davanti allo specchio, con molta cura, si tolse la protesi che afflosciata sul tavolo liberò il naso bianco, come nuovo. – Si metta comodo. Permette? Mi faccia sentire: l’osso, le fosse, le pinne, le narici, mi pare tutto normale, un naso di misura media e forma regolare con andamento retto e ali leggermente arrotondate; ma questo? Questo neo sulla punta? Mi faccia vedere meglio. Ecco! Questo è la causa di tutto, ma non è un problema, si può asportare in ambulatorio con anestesia locale –
Allora si può togliere? –
Sì le ho detto, è un intervento da poco. –
E poi? –
Poi tutto diventerà normale. –
E già, normale! –
Sì come tutti! Non è quello che vuole? –
Sì, normale, come tutti, senza niente di più, ma io …poi…
Non so dottore.
Scese dal lettino e si avvicinò alla finestra per guardare fuori. Vedeva un angolo roccioso della costa e una parte orientale dei giardini pieni di vegetazione nuova. Pensò al mare senza onde, all’aria senza vento, al cielo senza colore. Chiuse gli occhi e una memoria gli invase la mente.
I piccioni che volavano in ogni direzione dalla terra verso il cielo. Lo zio lo portava sempre là, alla piattaforma di tiro. Tante gabbie sistemate a semicerchio che improvvisamente si aprivano. Gli uccelli liberati da quelle piccole scatole si dirigevano in alto con forza e disperazione, disordinati nella loro fuga dalla schiavitù, quando gli spari dei partecipanti al “tiro a volo” li raggiungevano e uno alla volta precipitavano in mare.
Era uno di loro, lo sarebbe diventato sicuramente, senza ali, senza più forza. . . . senza.
Si girò e sorrise al dottore che lo guardava.
– No dottore, non potrei vivere senza ali. . . . come potrei? –
– Senza ali?- chiese sorpreso il dottore.
– Sì voglio dire senza eccessi, sovrabbondanze, senza trepidazioni e turbamenti. Non so come chiamarla questa mia malattia. Il dottore aprì le braccia bonariamente.
Si avvicinò allo specchio per sistemarsi il paranaso con cura e ancora sorrise.
-Non posso dottore. Non voglio che tutto sia normale. –